La scoperta che fa luce sulla vicenda è di qualche ora fa e arriva dai ricercatori dell’Istituto Tethys di Milano.
Ripercorriamo velocemente la storia. Il 14 gennaio 2021 una piccola balenottera comune (Balaenopteraphysalus) si arena nel porto di Sorrento, notizia che tiene da subito col fiato sospeso biologi marini di tutta Italia e non solo.
La notizia diventa virale ma, dopo ore di monitoraggio dell’animale ferito dal continuo contatto con la banchina, si perdono le tracce del cetaceo, che evidentemente riesce a ritrovare la via per il mare aperto.
La mattina seguente viene scoperta la carcassa proprio di una balenottera comune, troppo grande però per trattarsi del cucciolo del giorno precedente. Iniziano così le procedure per il recupero del corpo, il quale, dopo non poche difficoltà date dalla sua mole, viene trasferito a Napoli per essere analizzato.
Le prime valutazioni vengono effettuate da un team di scienziati guidati da Sandro Mazzariol, professore all'Università degli Studi di Padova e responsabile dell'unità d'intervento del Cetacean strandings Emergency Response Team - CERT, insieme al Centro di Referenza Nazionale per le Indagini Diagnostiche sui Mammiferi marini spiaggiati - C.Re.Di.Ma.
Dopo più di tredici ore di analisi della carcassa, la balenottera comune, con i suoi 19.77 metri di lunghezza, si rileva essere la più grande mai registrata all’interno del bacino Mediterraneo. Inoltre, non vi sono evidenze di allattamento, il che esclude che si tratti della madre del piccolo arenatosi qualche giorno prima.
Non è ancora chiaro quali siano le cause della morte, anche se si esclude la possibilità di collisione con una grossa imbarcazione, l’ingestione di plastica o un’infezione da Morbillivirus, come era stato ipotizzato inizialmente basandosi sui principali motivi di spiaggiamento di grossi cetacei negli ultimi 10 anni.
L’identificazione arriva qualche ora fa. Grazie alla foto della pinna dorsale, il team dell’Istituto Tethys ha riconosciuto in questo esemplare la balenottera comune Urania, fotografata nel 1994 all’interno del Santuario Pelagos. Si tratta di un’informazione molto importante, anche in vista della possibilità di utilizzare lo scheletro del cetaceo a scopi museali.
“Lo studio delle cause di morte di questi animali è uno strumento fondamentale per la ricerca e la conservazione” - dichiara Sandro Mazzariol del CERT. Comprendere i motivi per cui questi eventi accadono è di grande importanza, sia che si tratti di cause antropiche sia naturali, anche in considerazione del fatto che la gravità e l’incidenza di queste ultime sono cresciute in modo esponenziale proprio a causa dell’azione dell’uomo; si pensi, ad esempio, al traffico marino che aumenta il trasporto di organismi anche pericolosi da una parte all’altra del globo ed al riscaldamento dei mari che favorisce la diffusione di questi.
Il ritrovamento della balenottera comune di Sorrento, quindi, è solo uno dei tanti episodi di cetacei rinvenuti senza vita lungo le coste italiane e si spera che tali fenomeni mantengano nel tempo la stessa attenzione mediatica suscitata dal cucciolo che invece è riuscito a trovare la strada per il mare aperto.
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